novembre 10, 2008 di luigiannibaldi
Il salto di città in città di Gek Tessaro
La notte era piovuto e c’era una grossa pozzanghera di fronte al cancello. La mamma la scavalcò e invitò il bambino a fare altrettanto. “Salta!”, gli disse. Si, proprio così: “Salta!”. Lui non poteva credere alle proprie orecchie, che anzi dall’emozione gli cominciarono a tremare, e stette fermo, incredulo, ad aspettare nuovamente quella parola. Gli sembrò in quel momento che fossero anni che non saltava, una vita intera che non spiccava un balzo, lo impressionò persino la parola “salta”, una parola sparita dal suo vocabolario, una parola estranea. E la risentì. La mamma lo esortò nuovamente, spazientita e inconsapevole: “insomma, salta!”. E lui, accidenti, saltò. Saltò la pozzanghera, saltò sua madre, saltò oltre il cancello del parco, saltò i due grandi platani dell’entrata e arrivò sul tetto della casa del custode, da lì saltò su quello della caserma dei pompieri e sparì.